A Tiziano Fratus il Premio Montale Fuori di Casa – Sezione Ambiente per aver percepito e approfondito, sia nelle scelte di vita che nelle sue opere in prosa o in poesia, quel senso olistico della Natura e della realtà che emerge anche dagli scritti di Eugenio Montale. Anche per Fratus, “Homo Radix Meditans in silvis” come per il Premio Nobel ligure, perdersi nel silenzio dei boschi è essenziale per “ritrovarsi” connettersi cioè, grazie anche alla meditazione, al Tutto, in una dimensione della vita che ci fa sentire tutt’uno con alberi, animali, terra e cielo. In tale condizione i pensieri si affacciano in noi – come scrive Montale – sempre più “sconnessi”, cioè sempre meno dominati dalla razionalità rendendo possibile quel ritorno all’UNO da cui tutto nasce. Leggiamo nei versi di Montale:
“Perdersi nel bigio ondoso
dei miei ulivi era buono
nel tempo andato – loquaci
di riottanti uccelli
e di cantanti rivi.
Come affondavi il tallone
nel suolo screpolato,
tra le lamelle d’argento
dell’esili foglie. Sconnessi
nascevano in mente i pensieri
nell’aria di troppa quiete”.
Silenzio e meditazione nel sacro ventre della Natura sono imprescindibili anche per il dendrosofo e poeta buddhista Tiziano Fratus, così come lo furono per Eugenio Montale sin da giovane quando, nelle sue lunghe passeggiate mattutine e solitarie tra gli alberi e la vegetazione da Punta Mesco, raggiungeva la vicina Levanto. Anche lui era alla ricerca del silenzio interiore , in ascolto del” sussurro dei rami amici nell’aria”
“Meglio se le gazzarre degli uccelli
si spengono inghiottite dall’azzurro:
più chiaro si ascolta il sussurro
dei rami amici nell’aria che quasi non si muove”.
Questa, e Montale lo sentiva, è la condizione umana nella quale “le cose / s’abbandonano e sembrano vicine /a tradire il loro ultimo segreto” – così come scrive nella poesia “I limoni”.
Gli fa eco oggi, dopo quasi un secolo, con una consapevolezza ancora più lucida, acquisita sia grazie agli studi delle filosofie orientali, che alle ultime scoperte della scienza, il nostro Premiato allorché scrive:
“C’è un bosco che mi abita dentro, un silenzio cantato e interminabile, ruscelli che sgorgano e animali che corrono: Io non so chi sono, ripete la voce, Io non so chi sono… ma sento che c’è questo mondo di fine trama che abita un luogo senza confini, qui, nel petto, nel cuore, nella mente, popola le ore del sonno e nutre le ore di pensiero: sono un bosco che cammina, sono un bosco che radica e sradica”.
Come ha scritto Serenella Iovino (Università della North Carolina Chapel Hill) Fratus non è solo «Una delle voci più originali del nature writing in Italia, ma anche qualcosa di più: è un poeta radicale, un cercatore d’alberi, un filosofo che pensa e trova i suoi pensieri nei boschi. La sua dendrosofia è l’augurio di una saggezza arborea in cui tutto dialoga con tutto: radici, foglie, uccelli, insetti, suoni, umori, tempo» .
A ciò che afferma la professoressa Iovino mi sento di aggiungere che quella “fine trama che abita un luogo senza confini”, di cui scrive questo raffinato ecopoeta, la cui poesia risuona della antica sapienza buddhista, è, per chi sa comprendere, la trasposizione poetica delle teorie del Fisico David Bohm: la realtà fondamentale, l’inseparabile connessione quantistica di tutto l’universo.
Se vogliamo salvare la nostra Terra e vivere finalmente in armonia con il Tutto dobbiamo cominciare a capire, anche grazie a persone come Fratus, che a un livello più profondo e fondamentale tutte le particelle subatomiche, che compongono la realtà, sono infinitamente collegate in una sorta di interezza indivisa e le parti che hanno un comportamento relativamente indipendente sono solo forme particolari e contingenti dentro questo tutto.