Giorgio Agnisola

“Premio Montale Fuori di Casa” per la sezione Montal/Arte a Giorgio Agnisola perché ha
saputo intessere il dialogo tra arte e sacro sia attraverso l’approfondimento scientifico sia
attraverso l’insegnamento universitario. Il suo approccio al mondo delle arti nel segno della
bellezza come espressione dello spirito ha aperto nuovi orizzonti di conoscenza e di speranza.
Scrive Giorgio Agnisola: «L’arte è nel tempo. Ma in certo senso anche fuori dal tempo. Se la sua
ricognizione non può compiersi se non contestualizzandone il linguaggio, culturalmente, storicamente e
geograficamente, in relazione allo stile dell’artista, d’altra parte la sua espressione, testimoniando di
una attitudine umana, possiede una sua universalità, nel senso che tutte le opere del presente e del
passato sono in noi, possono essere luogo della nostra esplorazione emotiva, psicologica, spirituale. In
qualche modo noi dialoghiamo con gli artisti del passato, indaghiamo la loro maniera di rappresentare
il mondo, percepiamo i loro sentimenti, le loro idee e sebbene la nostra comprensione non possa mai
penetrare totalmente il loro vissuto, i contenuti umani del loro linguaggio possono coinvolgerci, noi
possiamo percepirli, evocarli in noi, rileggerli nella nostra esistenza contemporanea, confrontarli con il
presente. Ciò perché al di là del suo apparente isolamento l’artista è legato alla trama profonda che
unisce gli uomini». Sì, l’arte è una storia che inizia con i primordi dell’uomo sulla terra e continua fino
ai nostri giorni e insieme l’arte supera il tempo in cui è stata concepita e generata per parlare agli
uomini di ogni tempo con un linguaggio universale che supera i confini, le etnie, i conflitti. Ed è
particolarmente interessante che un uomo di scienza e di tecnica – Agnisola è laureato in ingegneria
meccanica – si sia sempre dedicato alle arti e alla letteratura. Nel campo della critica d’arte è noto per i
suoi approfondimenti sull’arte sacra contemporanea e soprattutto per una lettura dei maestri del
Novecento in chiave antropologica e spirituale, al di là degli schemi confessionali, nel profondo della
verità dell’uomo oltre che dell’artista. Egli può vantare curatele di importanti mostre dedicate ai
maestri dell’arte moderna e contemporanea. Ha operato dal 1983 al 1995 nei Paesi francofoni
d’Europa, nell’ambito degli accordi internazionali, come Consulente di arte moderna e
contemporanea. È membro dell’Associazione Internazionale Critici d’Arte. Dal 2005 al 2008 è stato
direttore della Pinacoteca Comunale di Gaeta. Ha curato sul piano scientifico mostre di rilievo
internazionale. Ricordiamo, tra le altre: Il Simbolismo in Belgio, Palazzo Reale di Caserta
(1985), Emilio Greco, la dimensione psicologica e spirituale, Museo Emilio Greco,
Sabaudia (2010); Alberto Magnelli, opere 1915-1970 (2012) e Alberto Burri, Unico e multiplo (2014),
entrambe presso la Pinacoteca Comunale di Gaeta; Afro, La memoria ritrovata (2016), Pietro
Consagra, La memoria trasparente (2017), Aligi Sassu, 1915-1930 (2019), presso lo Spazio Comel di
Latina, dove presiede da un decennio il Premio Internazionale Comel per l’arte con l’alluminio; Rosso
Guttuso, opere 1934-1984 (2017) presso la fondazione La Malfa di Catania; Carlo Montarsolo, Alta
tensione tra passato e presente (2022), alla Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma. Ma quello
che ci ha colpito in particolare è il suo profondo desiderio di trasmettere la sua passione per la
dimensione spirituale delle arti alle giovani generazioni. Ha dedicato tempo e intelligenza
all’educazione dello sguardo in chiave estetica e psicologica e alla didattica e alla divulgazione del
linguaggio artistico. Intrapresa la via accademica, è stato tra i fondatori della Scuola di Alta
Formazione di Arte e Teologia della Pontificia Facoltà di Napoli, sezione San Luigi, che ha condiretto
dal 2006 al 2019. Oggi è professore Emerito di Arte Sacra e Beni culturali ed è valde peritus della

Facoltà per le Scienze estetico-teologiche. Dirige il periodico AT, Arts and theologies ed è il fondatore
e conduttore del percorso di formazione VisioDei. Sono due progetti che, alla ricerca del senso della
vita e muovendo dalla dimensione antropologica dell’arte, aprono lo sguardo sull’invisibile nella
intensità e nella profondità di un “sentire inoltrato nella bellezza”, investendo tutte le arti, da quelle
visive alla musica, al teatro, al cinema, alla letteratura, alla poesia, alla fotografia in un’ottica
interreligiosa.
Significativo è anche il suo impegno come scrittore e collaboratore di importanti testate.  Tra gli ultimi
i suoi ultimi libri ricordiamo: Viaggio nell’opera, vedere e sentire l’arte (2005), La pietra e l’angelo.
Paesaggio sacro in Campania (2006), L’oltranza dello sguardo in Friedrich, Monet,
Cézanne (2010), Lo sguardo e l’opera (2014), L’avvertimento dell’oltre in Morandi, Rothko e
Manzù (2015), Itinerari dell’anima (2017), Lo sguardo e l’oltre (2018), Arte e dialogo nel
Mediterraneo ( a cura di) ( 2019), La materia trasparente (2021), Henri Matisse. Gioia di
vivere (2022), L’amore spezzato. Dei distacchi e degli addii (2023). Con Andrea Dall’Asta ha
curato Quale arte sacra oggi? (2023). Collabora dal 1990 alle pagine culturali del quotidiano
“Avvenire” e dal 1998 a “Luoghi dell’Infinito”. Per la sua attività di critico d’arte ha ottenuto due
riconoscimenti internazionali: Chevalier de l’Ordre de Leopold II in Belgio, nel 1987, e Officier de
l’Ordre de Mérite in Lussemburgo, nel 1991.
L’invito di Giorgio Agnisola per ciascuno di noi è imparare a vedere, a non dare nulla per scontato,
perché solo così, come ci insegna anche Montale, noi siamo capaci di cogliere l’essere profondo delle
cose e il mistero che ci abbraccia. Dice Agnisola: 
«Percorriamo a volte tutti i giorni una stessa strada senza guardare. Siamo immersi nei nostri pensieri,
agiamo meccanicamente, per abitudine. E poi accade che un giorno, magari per caso, alziamo lo
sguardo e ci capita di osservare un particolare architettonico, una finestra, un balcone o semplicemente
il colore di una facciata e vederli come la prima volta e restiamo stupiti.Ecco, l’arte può aiutare ad
alimentare il nostro vedere. E ciò non solo nella conoscenza delle opere e genericamente dei linguaggi
artistici, ma anche nella quotidianità dell’esistenza. Saper vedere significa cogliere la realtà che ci
circonda con occhi più attenti e partecipi, appunto imparare a stupirci. […]D’altra parte lo sguardo è
una dimensione dell’essere, oltre che del sentire. In esso si realizza non solo una conoscenza del
mondo, ma soprattutto un nostro essere nel mondo. Alimentare lo sguardo significa non solo acuire la
capacità di osservare e di percepire, incoraggiare e allargare la fantasia, ma entrare anche nella
conoscenza intima delle cose, aprirsi coi sensi al mistero dell’esistenza».Chiudiamo con una poesia di
Eugenio Montale. Questi versi sono un orizzonte che in qualche modo evoca il percorso di Giorgio
Agnisola, dove il saper vedere si accompagna al saper ascoltare, ascoltare il silenzio delle cose e il
silenzio in noi e intorno a noi: il cuore stesso dell’Essere.
I LIMONIVedi, in questi silenzi in cui le cose
s’abbandonano e sembrano vicine
a tradire il loro ultimo segreto,
talora ci si aspetta
di scoprire uno sbaglio di Natura,
il punto morto del mondo, l’anello che non tiene,
il filo da disbrogliare che finalmente ci metta

nel mezzo di una verità.
Lo sguardo fruga d’intorno,
la mente indaga accorda disunisce
nel profumo che dilaga
quando il giorno più languisce.
Sono i silenzi in cui si vede
in ogni ombra umana che si allontana
qualche disturbata Divinità.
Ma l’illusione manca e ci riporta il tempo
nelle città rumorose dove l’azzurro si mostra
soltanto a pezzi, in alto, tra le cimase.
La pioggia stanca la terra, di poi; s’affolta
il tedio dell’inverno sulle case,
la luce si fa avara – amara l’anima.
Quando un giorno da un malchiuso portone
tra gli alberi di una corte
ci si mostrano i gialli dei limoni;
e il gelo del cuore si sfa,
e in petto ci scrosciano
le loro canzoni
le trombe d’oro della solarità.

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