Il Premio Speciale Montale Fuori di Casa per la Musica viene assegnato a Fabio Concato, storico cantautore milanese, per tutta la sua produzione musicale e specificatamente per la canzone “L’Umarell” che ha composto, in parte in dialetto milanese, durante la quarantena causata dal Coronavirus.
Concato, con l’Umarell, ha consegnato alla storia, non solo della musica, il ricordo di un dramma che l’Italia intera, e fra i primi Milano e i milanesi, hanno vissuto senza lasciarsi abbattere, aspettando il momento per poter ricominciare la propria vita. Come lui stesso ha scritto “Ho cercato di dare il mio contributo come autore, senza alcuna retorica, con un pizzico d’ironia e con molto cuore”.
E ce n’è veramente tanto di cuore in questa canzone, come sempre – del resto – in quelle di Fabio Concato. L’autore di questa che è una “poesia in musica” ha centrato il tema, ricordandoci che le vittime prime di quei lunghi mesi, di cui tutti serberemo il ricordo, sono stati i più deboli, i nostri anziani, custodi della storia e della tradizione di ogni famiglia e del nostro Paese. Molti di loro sono andati via in silenzio lontani dai loro cari, “senza un bacio, una carezza, una ragione, senza un mi sun chi e te voeri ben”.
Per fare un omaggio a loro, ai tanti Umarell, che in momenti normali passano il tempo a gironzolare, a guardare i cantieri in costruzione, a dare consigli anche se non richiesti, Concato ha scritto questi versi. Sembra dirci l’autore di questa struggente canzone: ascoltiamoli questi anziani, non ignoriamoli, hanno ancora tanto da offrire in termini di affettività e di testimonianza a chi è loro vicino. Uno di questi Umarell, teneramente rappresentato in statuina, “ha parlato” anche a Concato, esortandolo a fare qualcosa in quei momenti drammatici, a scuotersi dal torpore. E lui ha risposto facendo quello che sa fare: ha composto musica, ha cantato – come facevano gli antichi aedi – per ricordare tutti quelli che non ci sono più, che il Covid19 ha portato via.
Lo ha fatto coniugando la poesia con il sociale, con la storia, senza alcuna retorica, con la tenerezza e il pudore che caratterizzano il suo stile.
In questa canzone, che resterà nel tempo come testimonianza del dramma che Milano e l’Italia tutta hanno sopportato, la musica è lenta e malinconica, volutamente ritorna sulle stesse note, per farci assaporare la ripetitività delle lunghe ore sempre uguali a cui tutti siamo stati costretti, chiusi nelle nostre case. Ma ciò che più conta in essa è il suo messaggio finale, la speranza che, dopo tanto dolore, l’umanità possa capire che è necessario cambiare stile di vita perché questo povero pianeta, ci dice l’Umarell, “mi me par che l’è sciupà che la fa pu..”
“Sto pensando che ci cambierà la vita/E magari sarà meglio di cosi/Starà meglio questo povero pianeta/A me pare che sia scoppiato, non ce la fa più”
Come scrive Arnoldo Mosca Mondadori, Fabio Concato con la sua opera è testimone di poesia e delicatezza.