Il Bullone

Scriveva Italo Calvino ne Le città invisibili: “L’inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n’è uno, è quello che è già qui, l’inferno che abitiamo tutti i giorni, che formiamo stando insieme. Due modi ci sono per non soffrirne. Il primo riesce facile a molti: accettare l’inferno e diventarne parte fino al punto di non vederlo più. Il secondo è rischioso ed esige attenzione e apprendimento continui: cercare e saper riconoscere chi e cosa, in mezzo all’inferno, non è inferno, e farlo durare, e dargli spazio”.

Nello scrivere la motivazione per la Sezione Milano e il Senso Civico del “Premio Montale Fuori di Casa” alla Fondazione Near Onlus e ai ragazzi de “Il Bullone” il pensiero è andato immediatamente a questa frase di Calvino, uno scrittore ligure che, come il poeta e giornalista Eugenio Montale, aveva ben poche speranze sull’Umanità e sulla vita ma che, come il Premio Nobel ligure ha perseguito, la più difficile delle virtù umane: la Decenza quotidiana.

Con tale espressione Montale voleva spiegare in cosa consista la capacità che certi uomini hanno di non lasciarsi annichilire dal “male di vivere”, di saper riaffermare sempre, in ogni frangente, la propria dignità di esseri umani. Oggi gli psicologi forse la chiamerebbero “Resilienza” questa virtù . Noi, come Montale preferiamo definirla “decenza quotidiana”.

Non so se quando vent’anni fa l’imprenditore Bill Niada ha reagito alla morte della figlia in modo coraggioso e proficuo per la società mettendo in piedi dapprima una Fondazione, “Magica Cleme”, con lo scopo di fare qualcosa di utile per altri bambini malati, e poi la “Fondazione Near Onlus” conoscesse questa frase di Calvino ma, forse inconsciamente, ha fatto esattamente quello che il grande scrittore consigliava a tutti noi per salvarci e insieme cercare di migliorare il mondo, “l’inferno dei viventi”. Da allora, grazie anche alla sua mentalità da imprenditore che auspica però una società economica e sociale diversa, meno competitiva, più umana, Bill Niada ha cercato di creare al posto dell’inferno dei viventi, “un giardino fiorito”. Così scrive nell’incipit di un suo libro nel quale spiega in cosa consista il suo concetto di una nuova imprenditoria che, pur mettendo al centro la dignità del lavoro, non ne diventi però schiava e “che cosa dovremmo fare per preservare un mondo sano e saggio e nello stesso tempo poter continuare a vivere bene, anzi meglio”.L’obiettivo di questa Fondazione è infatti quello di sviluppare Progetti sociali rivolti a giovani e ad adolescenti in difficoltà, in particolare nel campo della salute sviluppando un ponte virtuoso tra il mondo Profit e le realtà Non profit. Il che vuol dire fare in modo che questi giovani possano lavorare con aziende, università, scuole ed associazioni attraverso iniziative legate al mondo dell’imprenditoria sociale. Questo obiettivo ha dato origine a qualcosa di unico, o almeno così crediamo, nel nostro Paese: una testata giornalistica mensile (nata da un progetto pilota in collaborazione con alcuni giornalisti e grafici del “Corriere della Sera”) dal nome singolare ma assai significante, “Il Bullone”. Sì, perché se è vero che il bullone è normalmente un semplice pezzo di metallo arrotondato, è altrettanto vero che esso unisce due oggetti separati e incernierati che resterebbero divisi per sempre se non ci fosse. Nello stesso modo questo giornale, “Il Bullone”, non esisterebbe se non ci fosse l’impegno e la creatività dei giovani (i B.Liver) che ogni mese ne ideano i gli argomenti, li approfondiscono con interviste mirate, ne arricchiscono le pagine con una grafica accattivante. Ragazzi che hanno superato del tutto o non ancora del tutto, la tempesta della malattia ma che nel frattempo cercano il loro posto nel mondo, avvicinandosi al lavoro che amano, la professione di giornalista, il mondo della carta stampata. In esso portano una loro peculiarità, una loro forza, una sincerità, una voglia di impegnarsi in prima persona spesso difficili da incontrare in altri contesti. Come infatti non tutti i bulloni escono dalla fabbrica perfetti, ma alcuni hanno bisogno di essere limati, oliati, prima di diventarlo, così tutti noi esseri umani non siamo dei cloni perfetti di un’ipotetica idea platonica di Perfezione, ma fortunatamente siamo tutti diversi e tutti abbiamo bisogno di essere “oliati”, migliorati, seguiti nel nostro sviluppo (il che significa essere amati con le nostre diversità) per dare il meglio di noi stessi. E molto spesso chi ha dovuto subire la “limatura” della sofferenza acquista insieme anche capacità, sensibilità diverse che sono tesori profondi. Caratteristiche queste che ho avuto modo di sperimentare in prima persona durante l’intervista che mi è stata fatta da una giovane B.Liver innamorata della poesia di Eugenio Montale e che è stata pubblicata sul mensile di maggio de “Il Bullone”. A questi giovani, dunque, alla loro determinazione, coraggio, impegno nel superare le sfide che la vita gli ha posto innanzi gettando il cuore oltre l’ostacolo, alla “Fondazione Near Onlus” e “Il Bullone”, che lavorano per trasformare quell’inferno in un mondo accessibile e migliore, assegniamo il “Premio Montale Fuori di Casa 2022 – Sezione Milano e il Senso Civico.

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