Per aver tenuto fede, nel suo incarico di Sindaco di Santa Margherita, a quella sorta di “contratto morale autentico con noi stessi” di cui parla Rousseau, coniugando sapientia, iustitia, magnitudo animi con il decorum, che, secondo Cicerone (De Officiis), costituisce il perno portante attorno a cui ruota un sistema di regole di comportamento il cui scopo ultimo è il conseguimento dell’honestum nella vita comunitaria. In questo senso ha risposto anche a quella richiesta di “decenza quotidiana” necessaria per tutti e, a maggior ragione, per gli uomini pubblici e che secondo Eugenio Montale era “la più difficile delle virtù”.
Per il filosofo Johann Gottfried Herder “ciascuna persona ha propria misura nell’essere uomo”. Anche Paolo Donadoni, Sindaco al suo secondo mandato, ma ancor prima poeta, avvocato, dottore in Bioetica, ha una sua propria misura a cui pare rimasto fedele dalla gioventù. All’età di diciannove anni, nel 1994, scriveva infatti nella sua prima raccolta di poesia “Petali d’artiglio” (Edizione Tigullio Bacherontius): “Di ogni passo che muoviamo / Sapremo il peso. / L’agire è luogo di rivelazione / che commisura la pena”. “L’ultima presunzione / la più orrenda / è chi basta a se stesso”.
In questi versi, tratti da due diverse poesie, c’era già in nuce quell’ “etica della responsabilità” (per citare il filosofo Hans Jonas) a cui avrebbe ispirato la sua vita, come essere umano e come uomo politico, nella certezza che nessuno può vivere solo per se stesso e ogni nostra scelta ha delle conseguenze di cui dobbiamo sopportare il peso.
Nove anni dopo quella prima pubblicazione, nel 2003, ormai avvocato e avendo quasi ultimato il corso di specializzazione del dottorato di ricerca in Bioetica, Donadoni torna alla poesia con la raccolta “In corpo d’inverno” dimostrando di non aver perso, crescendo, “il gusto, la vibrazione dell’ascoltare la vita e scrutarla e sorprenderla nella polarizzazione delle sue opposizioni”; (come scrive il professor Luigi Surdich): “non dirmi a che punto è il mondo / lascia che la mia vita resti estrema/ fra buio e luce, nient’altro/senza la decadenza del progresso”.
Giunto nel 2014, per una scelta consapevole ad assumere incarichi politici, Paolo Donadoni ha dimostrato di credere nelle potenzialità offerte dalla Cultura come strumento di miglioramento della vita dei suoi concittadini. Tra le altre iniziative, infatti, avvalendosi anche delle tecnologie più innovative, ha dedicato un Museo Multimediale ad uno dei poeti più raffinati del Novecento: Camillo Sbarbaro, tanto apprezzato da Eugenio Montale.
Da tempo ormai i suoi impegni di Primo cittadino non si coniugano più soltanto con lo studio del Diritto e l’amore per la Poesia, bensì, in maniera sempre maggiore, con la scienza della Bioetica nella quale Donadoni cerca risposte a quel suo interrogarsi e interrogare il mondo “in un accanito testa a testa con le ambiguità e le contraddizioni”. Sono ormai numerosi i saggi, gli articoli, le note e i libri da lui scritti su temi fondamentali della bioetica, dalle tecniche di riproduzione artificiale ai temi di fine vita, passando per il “danno interspecifico” e per una analisi dell’antropocene, nella certezza che l’umano, essendo solo uno degli elementi che costituiscono l’universo della vita, sia tenuto a rispettare tutte le altre forme viventi e a relazionarsi in armonia con esse.