Premio Speciale Montale Fuori di Casa 2019 a Raffaele Nigro
In questo 2019, in cui Matera è Capitale Europea della Cultura, viene assegnato il Premio Speciale Montale Fuori di Casa a Raffaele Nigro per rendere giusto omaggio ad un intellettuale, uno scrittore, un giornalista, un saggista che ha rappresentato negli ultimi cinquant’anni una voce critica – ironica e insieme drammatica – capace sempre di rendere al meglio l’anima della sua terra, la Basilicata, e quella di un Meridione che sta mutando nella giusta ricerca di un maggiore benessere materiale, cui però non sempre corrisponde un’analoga crescita morale. Come Eugenio Montale, negli scritti che compongono il volume “Fuori di casa”, anche Raffaele Nigro ha trovato spesso nel tema del viaggiare una chiave di lettura del senso dell’esistenza individuale e collettiva. Ed è ancora il viaggio al centro del suo ultimo libro “Il Mondo che so: viaggi in Italia” (Hacca Edizioni) nel quale l’Autore ci porta con sé, attraverso la propria personale mappa di un’Italia che è insieme letteraria, sentimentale e antropologica: dalla Genova di De André, alle Langhe di Pavese, dall’Appennino al muro d’acqua dell’Adriatico, guardando verso i Balcani. Ma non solo Nigro, “noi tutti abbiamo bisogno di viaggiare, perché gli esseri umani non sono soddisfatti del mondo nel quale vivono” (dal racconto “L’utopia della città felice”). Epico narratore di incontri e scambi tra popoli, Nigro è anche cantore di un Mediterraneo “accumulo di culture, come un muro tappezzato di manifesti sovrapposti e scrostati” (da “Malvarosa”). Il suo “Diario Mediterraneo” pur essendo stato scritto nel 2001, al tempo degli sbarchi dei profughi albanesi lungo le nostre coste, è ancora oggi di un’attualità sconcertante se letto alla luce delle attuali drammatiche vicende che spingono i nuovi profughi provenienti dall’Africa a cercare salvezza su queste stesse coste alla ricerca di una nuova Patria. E insieme a Nigro non possiamo fare a meno di chiederci ancora oggi “dove abbia sbagliato l’Occidente”.
“Mentre vedevo quei profughi cominciavo a pormi il problema se fosse una iattura o una risorsa quell’incessante catena di arrivi… mi chiedevo dove avesse sbagliato l’Occidente”