Sandra Bonsanti

Nella vita di giornalista, di parlamentare, di scrittrice, c’è un elemento che orienta ogni cosa che Sandra Bonsanti fa: la profonda consapevolezza – come lei stessa afferma  – …di aver vissuto un frammento di storia grande… che  ci rende – se possibile – …più colpevoli di ciò che non è stato fatto …per evitare che il fascismo mettesse ancora radice nel cuore degli uomini. Ed è altrettanto aperta  nella sua denuncia di ciò che non si è fatto (e perché non si è fatto), come nel rendere Onore a chi si è battuto perché non si scordasse nulla di quella storia.

Una bambina, che nella sua prima fanciullezza vive la tragedia della guerra, dei rastrellamenti, della fuga continua, registra ogni cosa dalle esplosioni che spalancano i portoni (come è avvenuto a questo di Palazzo Strozzi) all’atteggiamento protettivo dei genitori. Poi… elabora tutto anno dopo anno e come un puzzle i ricordi si incastrano prima con le narrazioni, poi con la storia scritta,  fino alla realizzazione che la pace non è un concetto vago, è una conquista, e che occorre lavorare per affermare e diffondere i valori della democrazia.

Ma c’è anche una ulteriore dichiarata consapevolezza in Sandra Bonsanti: quella della singolarità dell’ambiente della casa paterna, che ha favorito l’incontro e la frequentazione con molti grandi della cultura italiana che hanno stimolato non solo la vocazione alla testimonianza, ma anche la sua assunzione come dovere. 

Parlare di casa Bonsanti e quindi del Vieusseux, ma anche della resistenza fiorentina porterebbe, nel poco tempo a disposizione, a una elencazione irriverente di nomi giganteschi.  Certo un nome è doveroso farlo ed è quello di Eugenio Montale, l’amico intimo di famiglia che gioca inaspettatamente con i bimbi, ma anche l’ex direttore del Vieusseux che dopo la liberazione di Firenze vi torna  come commissario, o il  fondatore del Mondo. E su tutti, come summa, vogliamo citare il Montale che di Firenze aveva capito l’anima e che con i Bonsanti ha vissuto  in prima persona il secolo breve. Queste le parole del poeta in una intervista del ’66: Sotto il profilo della maturazione culturale, i venti anni che ho passato a Firenze sono stati i più importanti della mia vita. Lì ho scoperto che non c’era soltanto il mare ma anche la terraferma: la terraferma della cultura, delle idee, della tradizione, dell’umanesimo… Vi ho compreso che cosa è stata, che cosa può essere una civiltà. 

Non si può prescindere da questo luogo, da questo contesto e da questi tempi, se si vuol capire l’esperienza e la narrazione di Sandra Bonsanti, in particolare quella che lei ci regala nel recente volume Stanotte dormirai nel letto del re, sempre così attenta alla storia, ma anche così appassionata e coinvolgente. Grazie. Questo libro, piccolo solo nel formato, è in realtà una miniera e la sua lettura è veramente importante, di quelle che sedimentano.

Fatte queste indispensabili considerazioni è più facile affrontare la necessaria sintesi richiesta dalla motivazione al Premio ed affermare che la vocazione propria di Sandra Bonsanti alla testimonianza, valore che ha portato nella sua opera di giornalista, di scrittrice e di deputata, parte da lontano ed è quindi identificabile come sua propria genialità culturale.

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