A Massimiliano Bardotti Premio Montale Fuori di Casa 2025 Sezione Poesia e Anima
“Nelle tradizioni orientali simbolo della poesia sono le foreste di bambù. Quando soffia il vento le canne di bambù emettono suoni meravigliosi, un incanto che forse nessuno strumento musicale e nessun musicista sono in grado di eguagliare. Le canne sono vuote, e di per sé incapaci di emettere alcun suono. Il vento soffia dove vuole e quando vuole, ma sa trasformarsi in meravigliosa musica solo grazie alle canne di bambù. Il bambù è il poeta. Il vento l’ispirazione. Questo incontro capace di generare meraviglie non si può forzare, non si può esigere, si può solo provare a favorirlo.”
Cosi’ scrive Massimiliano Bardotti, un poeta che sa “farsi voce di quel che è detto impossibile, e realizzarlo nel canto” e che se non avessi scarsa simpatia per le categorizzazioni, definirei poeta- mistico o mistico -poeta. Tutta la sua poesia è intrisa infatti da questo senso del mistero che testimonia di come l’essere umano, giunto che sia ad un certo livello di consapevolezza, non può vivere che calandosi nella dimensione dell’Infinito, quel mare dove “è dolce naufragare ”;il grande mare dell’essere.
Se per il grande Rimbaud il Poeta giunge all’ignoto, all’inconnu ,mediante un lungo, immenso e ragionato sregolamento “dereglement “di tutti i sensi, Bardotti al mistero giunge invece facendo silenzio dentro di sé affinché qualcosa di più grande, qualcosa di infinito possa cantargli dentro. E in questo suo “svuotarsi”, nell’ annulllare il proprio ego come non cogliere l’insegnamento del grande mistico medievale Meister Eckart oltre che delle filosofie orientali ? In mezzo a tante voci poetiche degli ultimi decenni,che non temo di definire opache, apatiche, quella di Massimiliano Bardotti emerge solitaria cosicchè se non temessi di caricare il nostro premiato di un carico troppo pesante da portare, potrei parlare di lui lui quasi come di un profeta .Un Profeta di tempi nuovi. Del resto non è stato proprio David Maria Turoldo, poeta e religioso che Bardotti spesso cita a scrivere che abbiamo nuovamente bisogno di loro?
“Vogliamo ancora profetiA rompere le nostre cateneIn questo infinito Egitto del mondo
Oceano di gemiti e pianto di schivi
Sotto imperiosi territori…
Ma se non un profeta vedo in lui il testimone di una spiritualità più vasta in cammino verso quell’ecologia profonda che si sta avverando giorno dopo giorno sotto i nostri occhi distratti, di cui scriveva James Hillman. Messi da parte i vari dogmatismi e puntando all’essenza, al cuore del Mistero, la dove metafisiche e filosofie- solo apparentemente diverse- si incontrano, può infatti compirsi il miracolo a cui anche il laico Montale tanto aspirava. E il miracolo della poesia di Bardotti è quello di saper tenere re-ligate forme diverse di fedi e filosofie :cristianesimo e induismo, Vangeli e Upanishad, Sufismo e Buddhismo; di essere poesia colta ma anche sapersi fare “povera” per parlare a tutti, specialmente agli “ esseri nascosti, a chi svanisce, evapora, chiude gli occhi per non essere visto, si acquatta, si inginocchia, scivola via per non dare fastidio.