Montale comincia a collaborare col Corriere nel 1946 (Corriere dell’Informazione). Nel 1948, mentre era Direttore Guglielmo Emanuel, scrive un editoriale sulla morte di Gandhi e da quel momento diventa redattore. Il volume “Fuori di Casa”, pubblicato nel 1969, raccoglie i suoi articoli e scritti di viaggio dal 1946 al 1964.
Hanno scritto di lui
Giornalista, Eugenio Montale, lo è stato senza snobismi, senza puzza sotto il naso, senza l’aria rassegnata di chi deve scegliersi un secondo mestiere per campare. Gran parte della sua lunga stagione milanese si identifica con il “Corriere” anche se vissuto con bofonchianti ironie, con una propensione tutta ligure alla malizia. “Mi piaceva molto il lato impiegatizio del lavoro al giornale”, mi disse in quell’intervista, “andare ogni giorno in ufficio mi dava un’inspiegabile ebbrezza. Mi pareva di stare in una di quelle botteghe dove fanno le pipe, in una bottega di Dunhill con gli impiegati che parlano a bassa voce e conoscono la clientela. Emanuel e Missiroli dirigevano il “Corriere” come un foglio parrocchiale. Si è scoperto poi, che questo costituiva un fascino del giornale. Al giornalismo devo molto”. […]
Guido Vergani, da “Un impiegato tranquillo per le strade di Milano”, La Repubblica, 15 settembre 1981
[…] Montale era addetto alla terza pagina; ma con funzioni esecutive, di quelle che oggi susciterebbero lo sdegno di qualunque “novizio”. Era incaricato di passare gli articoli, di compilare i titoli, di preparare i tagli necessari per l’impaginazione. Missiroli, che lo stimava molto pure nella diversità dei caratteri e delle culture, gli affidava talvolta qualche incarico più delicato, lo sondava sull’opportunità di inviare o meno un nuovo collaboratore. […] In quegli anni non esisteva la pagina dei libri che doveva nascere molto più tardi. E non si può immaginare cosa fosse ottenere una recensione sulla terza pagina del “Corriere”; non era nata ancora la televisione, i periodici stentavano ad acquistare peso ed influenza culturali, l’eccezione del “Mondo” restava in tutti i sensi eccezione, anche per i confini angusti di una tiratura aristocratica. E Montale, questo spirito profondamente ostile ad ogni commercio o anche solo tentazione di potere, era bombardato di richieste, soffocato da tutte le petizioni di coloro che si proclamavano, arbitrariamente, suoi colleghi, od amici, che vantavano chissà quali incontri di chissà quando. […]
Giovanni Spadolini, da: In quella stanzetta, nel “Corriere della Sera”, 14 settembre 1981