Nel 2021 il Premio Montale Fuori di Casa compie venticinque anni, un traguardo che non vogliamo lasciar passare senza che ne rimanga un segno. Per questo motivo verrà pubblicato un Volume che ripercorre gli eventi salienti che in quest’ultimo quarto di secolo lo hanno portato ad essere un Premio di livello nazionale con ambizioni internazionali.
Tale anniversario per noi tanto gratificante, non può tuttavia farcene dimenticare altri due senza dubbio ben più importanti: i 700 anni dalla morte di Dante Alighieri e il 40° da quella di Eugenio Montale.
Non dico nulla di nuovo riconoscendo quanto Dante abbia contato nell’esperienza poetica di Montale, ma credo sia interessante riflettere su quanto egli scrisse e disse sull’”attualità” della commedia dantesca, nell’intervento da lui tenuto a Firenze sull’opera di Dante Alighieri nel 1965, in occasione dell’VIII centenario della sua nascita .
In esso affermò: «resta quasi inspiegabile alla nostra moderna cecità il fatto che quanto più il suo mondo si allontana da noi, di tanto si accresce la nostra volontà di conoscerlo e di farlo conoscere a chi è più cieco di noi».
E questo perché «il suo messaggio può toccare il profano non meno che l’iniziato, e in modo probabilmente del tutto nuovo».
Facciamo nostre le sue parole e le sottoscriviamo anche se da quando le pronunciò sono ormai passati cinquantacinque anni perché – come ancora scrive Montale – la poesia della Commedia «è e resterà l’ultimo miracolo della poesia mondiale».
Del resto «i miracoli possono essere sempre in agguato davanti alla nostra porta e (che) la nostra stessa esistenza è tutta un miracolo».
Un miracolo, nella vita di Eugenio Montale non fu forse “Clizia”? Non affidò egli al suo potere di angelo che a volo aveva traversato “le alte nebulose” per giungere sino a lui, il compito di salvare il mondo “da un messo infernale”?
Da lei, da quest’angelo dalle “penne lacerate”, dai suoi occhi di ghiaccio rivolti verso l’alto, Montale attese il miracolo della salvezza del mondo e la propria personale, nei tempi bui della seconda Guerra Mondiale.
Guarda ancora
in alto, Clizia, è la tua sorte, tu
che il non mutato amor mutata serbi,
fino a che il cieco sole che in te porti
si abbàcini nell’Altro e si distrugga
in Lui, per tutti.
E come scrisse in una intervista immaginaria del 1946: “Ho proiettato la Selvaggia o la Mandetta o la Delia (la chiami come vuole) dei Mottetti sullo sfondo di una guerra cosmica e terrestre, senza scopo e senza ragione, e mi sono affidato a lei, donna o nube, angelo o procellaria…”.
A questa donna nube, angelo o procellaria, ci affideremo anche noi per celebrare il venticinquesimo anno del Premio Montale Fuori di Casa nell’anniversario dei 700 anni dalla morte di Dante Alighieri.