“Premio Montale Fuori di Casa” 2023 per la Sezione Letteratura alla professoressa Grazia Marchianò: “uno dei pochi studiosi in Italia che conoscono la filosofia dell’Occidente e non ignorano quella dell’Oriente e che, essendo esperti della seconda, non disprezzano la prima”, come ha scritto di lei il filosofo e critico d’arte Gillo Dorfles che le ha riconosciuto anche il grande merito di avere avuto una “chiara visione di come le due civiltà possano completarsi a vicenda”.
La prof.ssa Marchianò infatti non è solo una rigorosa conoscitrice delle vie euroasiatiche alla conoscenza (Buddhismo, Induismo, Taoismo, Zen) ma – come dimostra nel suo ultimo libro “Interiorità e Finitudine: la coscienza in cammino. Orizzonti euroasiatici” (Rosenberg & Sellier 2022 ) è anche in grado, come scrive la bizantinista Silvia Ronchey “di mettere in luce i punti di tangenza che le antiche dottrine dei veggenti vedici, dei Maestri del Tao, dei Buddhisti e dei monaci Zen, (senza dimenticare gli studi dei presocratici, di Platone e certi mistici bizantini) hanno con i nuovissimi studi sulla mente e sulla coscienza svolti dal fisico-matematico britannico e Premio Nobel Sir Roger Penrose e dall’anestesiologo e neurobiologo statunitense Stuart Hameroff”.
Per questi due brillanti scienziati la coscienza non sarebbe infatti il semplice frutto di processi lineari, ma avrebbe le sue radici nell’entanglement. Perché, come ricorda Marchianò nel suo libro citando l’astrofisico Trinh Xuan Thuan: “Collegati attraverso lo spazio e il tempo siamo tutti interdipendenti. Una corretta comprensione del concetto di interconnessione deve farci capire che il muro eretto dalla nostra mente tra noi e gli altri è fittizio e non ha ragione di esistere. Abbiamo la stessa genealogia cosmica delle rose profumate e delle gazzelle nella savana, una genealogia che risale a 13, 8 miliardi di anni fa….” .
Grazie ad una profonda formazione filosofica e ad un’altrettanto rigorosa disciplina accademica Grazia Marchianò in questo libro – come ancora scrive Silvia Ronchey – “non si limita a censire i punti di tangenza tra le implicazioni della rivoluzione scientifica contemporanea e le tradizioni orientali. Di queste ultime e dei più seri e importanti studi che le hanno analizzate per secoli e illustrate al pensiero occidentale, la seconda parte del libro fornisce un’esposizione tanto sintetica quanto sistematica e rutilante. Dalla settima Lettera di Platone a Roerich e Gurdjieff, da Marius Schneider a Kerenyi, da Bohm a Krishnamurti,da Izutsu a Nishitani Keiji, da Richard Baker a Hervé Clerc, risalendo al lavoro dei grandi orientalisti, Max Mūller, Giuseppe Tucci, Granet, Stein, Jullien, Segalen per approdare a Simone Weil e, tornando in Grecia, alla meravigliosa riflessione buddhista sul mito di Sisifo vergata nel 1928 dal Conte Kuki (“Sisifo dovrebbe essere felice…”) che puntualmente anticipa la lettura esistenzialista di Camus” .
Un lungo viaggio, dunque, come ben argomenta Grazia Marchianò nel suo libro, ha portato l’Umanità ad interrogarsi su cosa siano la coscienza e la realtà, interrogativi che Eugenio Montale si è più volte posto e che nel 2023 abbiamo voluto mettere al centro del tema del nostro Premio. Le domande che hanno accompagnato la sua vita sono le stesse su cui oggi gli scienziati si interrogano sempre più profondamente a riprova dell’attualità e preveggenza di questo straordinario intellettuale che, pur nato alla fine del secolo XIX, non è rimasto immune ai mutamenti che, all’inizio del XX, stavano avvenendo nel campo della fisica e che, con la relatività di Einstein, il quantum di Planck, il principio di indeterminazione di Heisenberg, cominciarono già dai primi anni del Novecento ad insidiare la fisica classica di Newton. A Montale uomo di lettere, certamente, ma in primis uomo di Cultura, queste scoperte della scienza non passarono inosservate e nella sua poesia ci sono momenti in cui la grande domanda ritorna: la realtà è quella che si vede?