Montale e l’Arte

Montale si definiva “pittore domenicale e incompetente critico” ma in realtà fu molto attratto dalla pittura e mostrò nelle sue opere particolare sensibilità cromatica. Lo iniziò a questa arte il Professor De Grada nel 1942 e da allora per molti anni la passione per il colore lo affascinò. Famosi sono rimasti i suoi cartoni “color foglia secca” che si connotavano, come scrive Giorgio Zampa, “per la secchezza del suo segno e il modo estroso ed ironico di comporre”.

E benchè abbia affermato forse per pudore e modestia, di non essere un critico d’arte e neppure un pittore, fu sia l’uno che l’altro. Scrive ancora il noto critico:

Montale sapeva di avere occhio e competenza per giudicare di pittura: il suo background culturale poteva essere lacunoso, ridotta o inesistente la sua fototeca ma il senso della qualità, la percezione della forma, la sensibilità per la luce, per la funzione del colore, avrebbero fatto di lui, se si fosse applicato a scrivere d’arte, un critico d’eccezione.

Come giornalista intervistò famosi pittori come Braque, Masson, Brancusi e da questi incontri nacquero degli elzeviri molto eleganti, com’era nello stile di Montale. Del resto, sin da giovane fu attratto dalla pittura e dalla scultura e nella sua giovinezza, quando ancora viveva a Genova, conobbe pittori, scultori e studiosi d’arte. Di alcuni, come Francesco Messina, fu amico.

Quando passò poi a vivere a Firenze dimostrò grande stima per Marco Marcucci, De Pisis e Morandi di cui possedeva alcuni quadri che era possibile ammirare nella sua casa.

Su questo sito, in omaggio al Montale – pittore e critico d’arte, ospitiamo volentieri le opere degli artisti che vorranno inviarcele.

GLI INCONTRI DI MONTALE CON “I MAESTRI” DELL’ARTE DEL NOVECENTO

Qualche riga sull’incontro fra Montale e Braque:

Fra gli artisti più che settantenni che tengono ancora alto il prestigio della pittura francese la fama di Braque è la più sicura, quella che meno ha da temere dal tempo.Una statistica condotta interrogando, in tutto il mondo, l’uomo della strada, rivelerebbe che Picasso è molto più noto di lui ma se si scendesse all’esame delle opinioni espresse si vedrebbe facilmente che Picasso conta tanti ammiratori quanti detrattori mentre non c’è quasi nessuno che conoscendo l’opera di Braque non dica parole d’ammirazione o di deferenza.La critica francese, poi, non trova termini di confronto sufficienti quando parla di lui:come già per Corot il nome più spesso invocato è quello di Mozart.Braque sarebbe non solo il pittore, il vero pittore, dell’èquipe cubista , ma anche l’espressione più alta del genio francese dell’ultimo cinquantennio.Al suo cauto e prudente istinto( e anche a quello tanto più incauto di Picasso, di Matisse e di Rouault) si deve, o meglio, si dovrebbe, quella moderna pittura francese, quella nuova bellezza “di fronte alla quale impallidisce la pittura del Rinascimento italiano”(cito testualmente da Jean Paulhan).Non sono ,queste, opinioni di critici isolati, ma opinioni medie, largamente diffuse e accettate. Piega il ginocchio di fronte a Braque anche chi si ostina a diffidare del guastatore Picasso e degli altri santi padri della sua generazione-E pur chi ammette che gli ultimi lavori del Maestro rappresentino una stasi o un imborghesimento, si affretta a concedere che a Braque tutto è lecito e che un Braque addormentato vale una intera generazione di altri pittori svegli.
Vedere Braque, parlargli, o almeno sentirlo parlare? A Parigi tutti furono concordi nel dirmi ch’era un’impresa impossibile.Solo vecchi amici, qualche grande mercante che trascinasse a rimorchio un multimilionario in dollari potevano varcare la soglia del suo studio. Ogni altra persona sarebbe stata respinta dell’immmortale Marietta, una “femme de chambre “che resterà nella storia come la Celeste di Proust.Nelle ultime settimane poi Braque era particolarmente occupato a dipingere certi plafonds, certi cartoni destinati al soffitto di una sala del Louvre, che per questo fatto diventerà una sede di pellegrinaggio non meno visitata da quella che accoglie, all’Orangerie, le Ninfee di Claude Monet.
Avevo ormai rinunziato all’audace piano di una visita a Braque quando, un giorno, Stanislaa Fumet, critico cattolico nonchè agiografo del Maestro, venne nel mio albergo e con una voce rotta mi disse-Una buona notizia.Ho vinto le resistenze di Marietta.Possiamo andare-
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Braque! Un bel vecchio alto, canuto, che indossa una giacca di tela azzurra e un paio di pantaloni di velluto color oliva.Ai piedi due babbucce felpate.Gli occhi sono azzurri e penetranti, il volto è massiccio ma anche affilato.Ha una sciarpa di seta al collo e gli occhiali gli stanno sospesi sul petto, attaccati a una funicella.
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Braque parla splendidamente, da gran signore contadino. Parla e forse si ascolta con grande compiacimento e rivolge un’occhiata alle opere che lo circondano :manichini con aragoste, caraffe con chitarre, altorilievi su medaglie, un vasetto di fiori, una piccola marina che si direbbe di un “chiarista italiano” E’ carico di anni e di gloria, sa di essere diventato un monumento nazionale e se ne dimostra contento ma anche un pò seccato.

Da “Fuori di Casa” – Eugenio Montale

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