«Premio Speciale Montale Fuori di Casa» a Lorenzo Viganò, già giornalista del Corriere della Sera, per essersi affermato nel mondo dell’editoria come uno dei più autorevoli studiosi e curatori dell’opera di Dino Buzzati a cui lo accomuna l’eleganza e la raffinatezza nella scrittura, così come nel modo di porsi nei confronti delle persone. Da anni Viganò – che in passato ha anche condotto inchieste giornalistiche per le prime tre edizioni del programma di Carlo Lucarelli Blu notte (andate in onda su Rai 3 dal 1997 al 2000) – è impegnato nel riordino degli archivi dello scrittore bellunese e tale impegno si è tradotto nella pubblicazione di diversi libri: su tutti La nera di Dino Buzzati – raccolta di articoli di cronaca nera che Buzzati scrisse per il Corriere della Sera e per il Corriere d’informazione dal 1945 al 1971 – e la biografia Album Buzzati uscita nel 2006 – ma riproposta nel 2022 in occasione dei 50 anni dalla morte dello scrittore bellunese in una nuova veste grafica e nei nuovi contenuti che uniscono interviste, pagine di diario, carteggi inediti e frammenti della vita di Buzzati – al quale, proprio in questi giorni, Viganò e gli eredi stanno intitolando una Fondazione.
Il lungo e proficuo studio che Lorenzo Viganò ha dedicato alla vita del famosissimo autore de Il deserto dei Tartari e alla promozione delle sue opere, sta ottenendo l’ottimo risultato di far nascere anche fra i più giovani un grande interesse per Dino Buzzati, non solo come giornalista, scrittore, pittore, drammaturgo, poeta ma ancor più come uomo. Un rinnovato successo che si deve in gran parte alla capacità di Viganò di far emergere, prima ancora del grande intellettuale, l’essere umano Buzzati, così moderno e vicino agli interrogativi e alle ansie dell’uomo di oggi. Un uomo – come il grande scrittore disse di sé stesso – alle prese con «la sua debolezza di carattere di fronte alle cose difficili della vita» ma anche «disposto a ogni sacrificio pur di riuscire ad essere sé stesso, autentico, indiscutibile». E tale sua urgenza di autenticità la comprese forse meglio di altri il poeta Eugenio Montale, che gli fu collega al Corriere della Sera, quando, recensendone il romanzo Un amore scrisse: «È uno di quei libri d’oggi che meglio rompono la dura crosta dell’ipocrisia. Una crosta, un carapace che ognuno di noi si porta addosso dalla nascita e forse è necessaria affinché il mondo non diventi ancora più mostruoso. Ma l’ipocrisia è pur sempre un male che deve essere conosciuto, analizzato e rappresentato».