Giornalista di lungo corso, esperto di politica interna e internazionale, abituato quindi a leggere ed interpretare la realtà nella sua complessità, Marco Tarquinio dal 2009, anno dal quale ha assunto la direzione dello ormai storico quotidiano cattolico “Avvenire”, ha riempito di senso il termine “cattolico” – dal greco “kata olos – cioè “universale”, rivolgendosi a tutti gli uomini di buona volontà, siano essi credenti o non, laici o cattolici. Sempre più persone infatti negli anni si sono avvicinate alla lettura di “Avvenire”, per lo spazio che nelle sue pagine viene riservato non solo agli eventi nazionali e internazionali, ma alla Cultura, alla spiritualità, al terzo settore e al volontariato nel quale si riconoscono tutte quelle persone che agiscono ogni giorno, in silenzio, per costruire una cittadinanza vera e realizzare un mondo diverso e migliore. Ad esse viene data voce e cittadinanza mediatica perché la linea del giornale diretto da Tarquinio è quella di integrare nelle sue pagine esempi di persone che hanno fatto scelte virtuose, positive, opponendosi, come egli stesso ha scritto, ad “una presunzione grave, reiterata, che la gente voglia assolutamente il racconto del lato oscuro della realtà”.
E’ invece necessario – a parere del Direttore di “Avvenire” – “disintossicare l’informazione, perchè la realtà è molto più complessa della sua narrazione, e narrarla nella sua interezza ci fa vedere i lati oscuri che altrimenti non si vedrebbero, e tutto il bene che c’è, a volte, anche nascosto nelle pieghe nere. Per questo è importante l’informazione buona, l’informazione onesta, che non amputa nessun pezzo della realtà”.
Con queste sue scelte egli ha contribuito in modo determinante, alla realizzazione di un quotidiano equilibrato, ma non equidistante quando c’è da parlare di bene e male.
“Avvenire” infatti, fedele alla sua vocazione cristiana, sta sempre apertamente dalla parte delle vittime sia nelle questioni internazionali come in quelle italiane, impegnandosi quotidianamente (come scriveva Don Milani nel 1965) a non dividere il mondo “in italiani e stranieri, diseredati e oppressi da un lato, privilegiati e oppressori dall’altro”.