Critica e filologa, abilitata alla docenza universitaria di Letteratura italiana, Marzia Minutelli si è laureata all’Università di Firenze, sua città natale, con una tesi sul novellista Giovanni Sabadino degli Arienti, in volume nel 1990 («La miraculosa aqua», Firenze, Olschki) e ha conseguito il Diploma di Perfezionamento presso la Scuola Normale Superiore di Pisa allestendo l’edizione critica commentata delle Lettere ai Gonzaga di Floriano Dolfo, a stampa nel 2002 (Roma, Edizioni di Storia e Letteratura). È stata borsista post dottorato all’Università di Siena e assegnista di ricerca all’Università di Pisa, continuando a occuparsi di carteggi rinascimentali.
Docente di Lettere presso il Liceo Classico-Scientifico «Parentucelli» di Sarzana, ha svolto anche attività d’insegnamento universitario. Condirige la rivista «Soglie», fa parte di svariati comitati scientifici, gruppi di ricerca e accademie internazionali. Presiede la Giuria del Premio Nazionale di Poesia «Antica Badia di San Savino».
I suoi interessi di ricerca si muovono in prevalenza nel campo della letteratura umanistico-rinascimentale, con speciale riguardo alle corti padane (oltre all’Arienti e al Dolfo, Leon Battista Alberti, Ludovico Ariosto, Pietro Bembo, Bernardo Dovizi da Bibbiena, Galeotto dal Carretto, Paolo Giovio), e in quello della poesia moderna e contemporanea (Giacomo Leopardi, Eugenio Montale, Umberto Saba, Lanfranco Caretti, Elena Salibra), anche straniera (Anna de Noailles). Oggetto delle sue indagini sono anche autori lunigianesi ingiustamente dimenticati quali Ettore Serra, Rina Pellegri e l’umanista Anton Maria Visdomini.
Frutto di un secondo dottorato, conseguito all’Università di Ginevra, è lo studio L’arca di Saba. «I sereni animali / che avvicinano a Dio», uscito nel 2018 nella raffinata veste editoriale di Olschki. Vi si affronta un tema finora mai compiutamente approfondito dalla critica: l’importanza rivestita nel Canzoniere e nelle altre opere sabiane delle bestie, alle quali viene riconosciuto pari diritto di cittadinanza con l’«animale uomo» in virtù della loro primordiale purezza. Con i «sereni animali», capaci di avvicinare a Dio assai più degli esseri umani, mortificati dai tabù e dalle convenzioni della morale comune, lo scrittore scopre di condividere essenza e destino. Tale religiosa concezione della fauna, richiamandosi all’Antico Testamento, apre una suggestiva via d’accesso al controverso tema del giudaismo del poeta triestino. Come infatti scrive Alberto Cavaglion, «questo libro sgombra il terreno dai tanti luoghi comuni su Saba-ebreo o anti-ebreo, per la semplice ragione che umilmente parte dai testi, dalla loro datazione, dalla cronologia, dall’impronta dell’infanzia».